Che cos’è la rabbia nel cane: Vaccinazione, cura e prevenzione

a rabbia è una malattia virale mortale che colpisce cani, gatti e altri mammiferi, trasmissibile anche all’uomo attraverso morsi e graffi. In Italia è stata eradicata nel 2013, ma rimane fondamentale la prevenzione tramite vaccinazione, obbligatoria per viaggi all’estero. Il virus attacca il sistema nervoso causando sintomi come cambiamenti comportamentali, aggressività, salivazione eccessiva e paralisi progressiva. Non esiste cura una volta manifestati i sintomi. La vaccinazione preventiva e comportamenti responsabili sono l’unica protezione efficace. Essenziale segnalare animali selvatici con comportamenti anomali e consultare immediatamente il veterinario in caso di morsi sospetti.
morsi leggeri, ferite gravi - rabbia cane

La rabbia è una malattia infettiva virale acuta causata dal Lyssavirus che colpisce il sistema nervoso centrale dei mammiferi. Il virus attacca i neuroni causando un’encefalite progressiva sempre fatale una volta manifestati i sintomi. È una zoonosi trasmissibile all’uomo. Il virus migra lungo le fibre nervose dal punto di inoculazione fino al cervello, dove forma inclusioni citoplasmatiche chiamate corpi del Negri. Senza cure intensive, la morte sopraggiunge entro una settimana dalla comparsa dei sintomi neurologici.

I sintomi evolvono attraverso fasi progressive. Inizialmente compaiono cambiamenti comportamentali, irrequietezza e alterazioni dell’appetito. La forma furiosa presenta aggressività estrema, salivazione abbondante, difficoltà nella deglutizione e modifiche della voce, seguita da paralisi progressiva. La forma paralitica mostra prevalentemente sintomi paralitici senza aggressività. Nel gatto prevale la forma furiosa. Tutti i sintomi evolvono rapidamente verso tetraplegia, coma e morte per paralisi respiratoria entro pochi giorni.

Non esiste cura per la rabbia una volta manifestati i sintomi neurologici. La malattia ha sempre esito fatale sia per animali che per l’uomo. Esiste però una profilassi post-esposizione efficace se iniziata immediatamente dopo il morso: lavaggio della ferita per almeno quindici minuti, disinfezione e somministrazione tempestiva di vaccino antirabbico e immunoglobuline specifiche. L’unica vera protezione è la vaccinazione preventiva, sicura ed efficace, che deve essere effettuata prima dell’esposizione al virus.

La prevenzione si basa sulla vaccinazione antirabbica degli animali domestici, obbligatoria per viaggi all’estero. Il protocollo prevede prima vaccinazione a dodici settimane, richiamo dopo un anno, poi ogni tre anni. La protezione è efficace dopo ventuno giorni. Altre misure includono controllo del randagismo, vaccinazione orale della fauna selvatica, educazione comportamentale, evitare contatti con animali sconosciuti, tenere cani al guinzaglio in zone boschive e segnalare animali selvatici con comportamenti anomali.

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No, l’Italia è ufficialmente indenne dalla rabbia dal 2013, ma la vaccinazione rimane obbligatoria per viaggi all’estero e in Sardegna.

Non è obbligatorio per animali che non viaggiano, ma è consigliato soprattutto per chi vive in zone rurali o vicino ai confini. Non sottovalutare mai la rabbia e includila nel piano vaccinale.

Lavare immediatamente la ferita con acqua e sapone, contattare subito il veterinario e segnalare l’episodio all’ASL locale.

Il periodo di incubazione varia generalmente da 20 a 60 giorni nel cane e 15-30 giorni nel gatto, ma può durare anche mesi.

No, non esiste alcuna cura efficace una volta manifestati i sintomi neurologici: la malattia è sempre fatale sia per animali che per l’uomo.

Principalmente volpi, ma anche tassi, faine, pipistrelli e altri mammiferi selvatici che possono mordere o graffiare gli animali domestici.

Che cos’è la Rabbia

La rabbia è una malattia infettiva acuta di origine virale che colpisce il sistema nervoso centrale dei mammiferi.

Causata da un virus appartenente alla famiglia dei Rabdovirus, genere Lyssavirus, la rabbia una volta penetra nell’organismo, mostra una particolare affinità per il tessuto nervoso, replicandosi inizialmente nel punto di inoculazione per poi intraprendere un viaggio lungo le fibre nervose periferiche. Come un invasore silenzioso, risale le vie nervose fino a raggiungere il midollo spinale e successivamente il cervello, dove provoca un’encefalite progressiva.

Ciò che rende il virus della rabbia particolarmente insidioso è la sua capacità di rimanere “dormiente” per un periodo variabile dopo l’infezione. Dal cervello, il virus intraprende un secondo viaggio di ritorno verso la periferia, raggiungendo le ghiandole salivari dove si concentra in quantità massicce nella saliva, trasformando l’animale infetto in un potenziale vettore di contagio. Ma non solo: il virus colonizza anche altri organi come reni, surreni, milza, fegato, polmoni e testicoli, sebbene la saliva rimanga la principale via di trasmissione.

La gravità della rabbia è tale che l’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (OIE) l’ha inserita nella “Lista B”, che raccoglie le malattie trasmissibili di particolare importanza socio-economica e sanitaria pubblica. Una volta che i sintomi neurologici si manifestano, il decorso è inevitabilmente fatale: senza cure intensive, la morte sopraggiunge generalmente entro una settimana, sia per gli animali che per l’uomo. Questo aspetto rende la prevenzione non solo importante, ma assolutamente vitale.

Obblighi legali:

È importante ricordare che la denuncia all’ASL di qualsiasi episodio di morsicatura è obbligatoria per legge. Questo obbligo vale sia per i proprietari degli animali morsicatori sia per i medici che curano persone morse e per i veterinari. La mancata denuncia può comportare sanzioni e, soprattutto, mette a rischio la salute pubblica.

Chi può colpire il virus della rabbia

La rabbia rappresenta una delle malattie infettive più antiche e pericolose conosciute dall’uomo. Sebbene il nostro Paese possa vantare l’eradicazione di questa patologia dal 2013, è fondamentale mantenere alta l’attenzione, soprattutto per chi viaggia all’estero con i propri animali o vive in zone di confine.

La rabbia colpisce:

  • animali domestici (cani gatti furetti bovini equini e ovicaprini)
  • animali selvatici ( soprattutto volpi e tassi,  faine, erbivori selvatici)

La rabbia è una zoonosi, cioè una malattia che dall’animale infetto può essere trasmessa anche all’uomo. Questa caratteristica la rende particolarmente rilevante non solo dal punto di vista veterinario, ma anche per la salute pubblica. Il virus della rabbia ha una specificità ben definita: colpisce esclusivamente i mammiferi, risparmiando uccelli, rettili, anfibi e pesci. In tal senso valuta concretamente di aggiungere alle vaccinazioni quelle per la rabbia.

Richiedila esplicitamente al tuo veterinario, nonostante nelle vaccinazioni prescritte dal tuo medico di fiducia sono spesso sempre incluse.

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Cause della rabbia

La rabbia trova la sua origine in un microrganismo tanto piccolo quanto letale: il Lyssavirus, un virus a RNA appartenente alla famiglia Rhabdoviridae. Questo agente patogeno ha sviluppato nel corso dell’evoluzione una strategia di sopravvivenza particolarmente efficace, specializzandosi nell’attacco al sistema nervoso dei mammiferi.

Il ciclo di replicazione del virus è un processo complesso che si svolge in più fasi. Dopo la penetrazione nell’organismo attraverso una soluzione di continuo della cute (morso, graffio o ferita), il virus inizia la sua moltiplicazione nei tessuti muscolari circostanti il punto di ingresso. Questa fase iniziale può durare da pochi giorni a diverse settimane, durante le quali il virus rimane relativamente localizzato. È in questo periodo che un intervento tempestivo con la profilassi post-esposizione può risultare ancora efficace.

Successivamente, il virus inizia il suo viaggio verso il sistema nervoso centrale, seguendo le vie nervose periferiche con una progressione che procede a una velocità che può variare dai pochi millimetri alle decine di millimetri al giorno. La distanza tra il punto di inoculazione e il cervello determina in larga misura la durata del periodo di incubazione: ecco perché i morsi alla testa, al collo o al viso sono considerati più pericolosi e richiedono un intervento profilattico immediato e intensivo.

Una volta raggiunto il sistema nervoso centrale, il virus si replica massivamente nei neuroni, causando la caratteristica encefalite rabica. È in questa fase che compaiono i sintomi neurologici e comportamentali che rendono la malattia così riconoscibile e, purtroppo, ormai non più curabile.

Come si trasmette la rabbia

La trasmissione del virus della rabbia è strettamente legata alla presenza di saliva infetta. Quando il virus raggiunge le ghiandole salivari dopo la sua replicazione nel sistema nervoso centrale, l’animale diventa contagioso, anche se i sintomi possono non essere ancora manifesti. Questo rappresenta uno degli aspetti più insidiosi della malattia: un animale apparentemente sano può già essere in grado di trasmettere l’infezione.

Il morso rappresenta indubbiamente la modalità di trasmissione più frequente e pericolosa. Quando un animale rabbioso affonda i denti nella cute di un altro mammifero, la saliva carica di virus penetra profondamente nei tessuti attraverso le ferite lacero-contuse tipiche delle morsicature. La gravità del morso gioca un ruolo fondamentale: morsi profondi e multipli inoculano una maggiore quantità di virus e hanno una probabilità più alta di raggiungere direttamente le terminazioni nervose, accelerando così il processo infettivo. Anche la localizzazione anatomica del morso è determinante: lesioni alla testa, al collo e al viso sono considerate a rischio molto elevato proprio per la vicinanza al cervello.

Il graffio da parte di un animale infetto costituisce un’altra via di trasmissione significativa, specialmente nei gatti. Questi animali hanno l’abitudine di leccarsi frequentemente le zampe, contaminandole con la saliva. Quando un gatto infetto graffia, può quindi inoculare il virus attraverso gli artigli contaminati. Questo meccanismo è particolarmente rilevante nei felini, che utilizzano le unghie come principale strumento di difesa, e spiega perché i graffi di gatto in zone endemiche debbano essere presi molto seriamente.

Meno comune ma comunque possibile è la trasmissione attraverso il contatto diretto della saliva con mucose integre (occhi, naso, bocca) o con cute non integra (ferite preesistenti, abrasioni, escoriazioni). Questo tipo di esposizione è più raro ma può verificarsi, ad esempio, quando un animale infetto lecca il volto di una persona o quando la saliva schizza su mucose durante comportamenti aggressivi dell’animale.

Il periodo di incubazione, ovvero il tempo che intercorre tra l’esposizione al virus e la comparsa dei primi sintomi, presenta una variabilità notevole:

Nel cane:

  • Generalmente: 20-60 giorni
  • In casi eccezionali: da 10 giorni fino a 6 mesi o più

Nel gatto:

  • Tipicamente: 15-30 giorni
  • Range possibile: da 2 settimane a diversi mesi

Nell’uomo:

  • Media: 1-3 mesi
  • Range documentato: da 9 giorni a oltre 1 anno in casi rarissimi

Diversi fattori influenzano la durata di questo periodo:

  • Distanza anatomica: morsi distanti dal sistema nervoso centrale hanno incubazioni più lunghe
  • Gravità della ferita: lesioni profonde e multiple accelerano il processo
  • Carica virale: la quantità di virus inoculato influisce sulla velocità di progressione
  • Innervazione della zona: aree riccamente innervate facilitano la penetrazione virale
  • Risposta immunitaria individuale: varia da soggetto a soggetto

Questa variabilità del periodo di incubazione rende particolarmente importante il protocollo di osservazione di 10 giorni per gli animali morsicatori: se un animale rimane asintomatico per questo periodo dopo aver morso, significa che non stava eliminando virus al momento del morso e quindi non ha trasmesso l’infezione.

Sintomi della rabbia:

I sintomi della rabbia seguono un’evoluzione progressiva che rende questa malattia tanto caratteristica quanto devastante. Ciò che colpisce maggiormente chi assiste all’evoluzione della patologia è la trasformazione radicale del comportamento dell’animale, spesso così drammatica da rendere irriconoscibile il carattere abituale del proprio compagno a quattro zampe. È proprio questa alterazione comportamentale il campanello d’allarme più significativo e quello che dovrebbe far scattare immediatamente il sospetto clinico.

La rabbia non si manifesta improvvisamente con sintomi eclatanti, ma inizia subdolamente con segni aspecifici che possono facilmente essere confusi con altre patologie più comuni.

Fase prodromica della rabbia (36-48 ore)

Questa fase rappresenta il preludio alla tempesta neurologica che seguirà. Il proprietario attento può notare cambiamenti sottili ma significativi nel comportamento quotidiano del proprio animale. Un cane normalmente socievole e giocherellone può diventare improvvisamente schivo e distaccato, mentre un animale tipicamente riservato può cercare in modo ossessivo il contatto fisico. Questa inversione comportamentale è uno dei segni più caratteristici della rabbia nelle sue fasi iniziali.

Durante questo periodo, l’animale può manifestare:

  • Cambiamenti comportamentali inspiegabili: alterazioni dell’umore che non trovano giustificazione in eventi esterni
  • Irrequietezza marcata: l’animale non riesce a trovare una posizione comoda, si alza e si sdraia ripetutamente
  • Vocalizzazioni anomale: latrati o miagolii improvvisi, spesso in risposta a stimoli inesistenti
  • Leccamento compulsivo: particolare attenzione alla zona del morso originario, che viene leccata ossessivamente
  • Alterazioni dell’appetito: può manifestarsi sia come rifiuto totale del cibo sia come appetito vorace e indiscriminato
  • Ipersensibilità: reazioni esagerate a suoni, luci o tocchi che normalmente non creerebbero fastidio
  • Modifiche nelle abitudini: cambiamenti negli orari di riposo, nella preferenza dei luoghi di riposo

Forma furiosa della rabbia (75% dei casi)

Questa è la manifestazione che meglio corrisponde all’immagine popolare della rabbia, quella del “cane rabbioso” schiumante e aggressivo. In realtà, la forma furiosa è un quadro clinico molto più complesso e articolato, che si sviluppa attraverso diverse sotto-fasi nell’arco di circa una settimana.

Fase eccitativa:

L’animale entra in uno stato di ipereccitabilità progressiva che diventa sempre più incontrollabile. Il cane o il gatto perde completamente il controllo dei propri istinti e comportamenti acquisiti. Un cane perfettamente educato può improvvisamente ignorare tutti i comandi, mentre un gatto domestico tranquillo può trasformarsi in una furia imprevedibile.

Questo periodo è caratterizzato da manifestazioni drammatiche:

  • Aggressività estrema e indiscriminata: l’animale attacca qualsiasi cosa si muova, compresi oggetti inanimati, altri animali, persone familiari
  • Perdita totale dell’orientamento: vagabondaggio senza meta, incapacità di riconoscere luoghi familiari
  • Accessi di furia parossistica: crisi di violenza improvvisa durante le quali l’animale può autoinfliggersi lesioni gravi mordendo gabbie, muri o sé stesso
  • Alterazioni oculari multiple: gli occhi assumono un aspetto “vitreo” caratteristico, con pupille che possono essere estremamente dilatate o ristrette
  • Salivazione profusa: la saliva, spesso schiumosa, cola abbondantemente dalla bocca per paralisi dei muscoli della deglutizione
  • Modifiche della voce: il latrato diventa rauco, roco, a volte completamente afono; il miagolio del gatto diventa straziante
  • Ipersensibilità sensoriale: reazioni violente a stimoli luminosi, sonori o tattili anche minimi
  • Difficoltà nella deglutizione: l’animale tenta di bere ma non riesce, sviluppando in alcuni casi una vera e propria idrofobia
  • Alterazioni dell’appetito paradossali: perdita totale di interesse per il cibo normale ma ingestione compulsiva di oggetti non commestibili (pica)

Tra un accesso e l’altro, l’animale può attraversare brevi periodi di prostrazione durante i quali appare esausto e confuso, per poi ricadere improvvisamente in un nuovo episodio di furia. È durante questi momenti di iperattività che il rischio di trasmissione è massimo, poiché l’animale tende a mordere ripetutamente e indiscriminatamente.

Fase paralitica terminale:

Dopo 3-4 giorni di fase eccitativa, inizia il declino finale. La paralisi progressiva prende il sopravvento, segnando l’inizio della fine. Questa transizione può essere rapida o più graduale, ma l’esito è sempre lo stesso.

Le manifestazioni includono:

  • Tremori muscolari generalizzati: l’intero corpo è percorso da tremori fini e persistenti
  • Atassia progressiva: l’animale barcolla, cade frequentemente, non riesce a coordinare i movimenti
  • Paralisi ascendente: inizia tipicamente dagli arti posteriori e sale verso la testa
  • Ptosi mandibolare: la bocca rimane spalancata, incapace di chiudersi
  • Prolasso linguale: la lingua pende dalla bocca, spesso con colorito cianotico
  • Difficoltà respiratoria progressiva: il respiro diventa affannoso, irregolare
  • Tetraplegia: paralisi completa dei quattro arti
  • Coma: perdita completa della coscienza
  • Morte: per paralisi dei muscoli respiratori, generalmente entro 2-3 giorni dall’inizio della fase paralitica

Forma paralitica o muta (25% dei casi)

Questa variante è meno drammatica nella presentazione ma altrettanto letale nell’esito. A differenza della forma furiosa, qui prevalgono sin dall’inizio i fenomeni paralitici, senza la fase di aggressività marcata.

Questo può portare a errori diagnostici, poiché i sintomi possono essere confusi con altre patologie neurologiche o con intossicazioni. La paralisi può manifestarsi con due pattern principali:

Paralisi discendente (dalla testa):

L’animale mostra inizialmente difficoltà nella deglutizione e nella chiusura della mandibola. La bocca rimane aperta, la lingua pende, la salivazione è abbondante. Il proprietario potrebbe pensare che l’animale abbia qualcosa bloccato in gola. La voce diventa rauca fino a scomparire completamente. Gli occhi assumono un’espressione fissa e assente. La paralisi progressivamente coinvolge il corpo, e la morte sopraggiunge rapidamente, spesso entro 2-3 giorni.

Paralisi ascendente (dagli arti posteriori):

In questo caso, i primi segni sono una debolezza progressiva della parte posteriore. L’animale ha difficoltà ad alzarsi, trascina le zampe posteriori, assume un’andatura anomala. Nel giro di ore o pochi giorni, la paralisi sale coinvolgendo tutti e quattro gli arti fino ai muscoli respiratori, causando la morte per asfissia.

Particolarità nel gatto

Il gatto merita una menzione speciale perché la presentazione della rabbia in questa specie ha alcune peculiarità importanti. Nel felino domestico prevale quasi esclusivamente la forma furiosa, e le manifestazioni tendono ad essere ancora più esplosive e imprevedibili rispetto al cane.

Caratteristiche specifiche della rabbia nel gatto:

  • Aggressività estrema: il gatto rabbioso attacca senza preavviso, utilizzando sia artigli che denti
  • Vocalizzazioni abnormi: miagolii prolungati, urla strazianti, soffi minacciosi continui
  • Iper-reattività: reazione violenta a qualsiasi stimolo, anche minimo
  • Tendenza a nascondersi: nelle fasi iniziali, il gatto può cercare luoghi bui e isolati
  • Attacchi improvvisi: il gatto può sembrare calmo per poi scattare improvvisamente all’attacco
  • Modifiche posturali: dorso arcuato, pelo rizzato costantemente, orecchie sempre all’indietro

È importante sottolineare che un gatto che normalmente vive all’aperto e ha accesso non controllato all’esterno presenta un rischio maggiore di contrarre la rabbia attraverso incontri con fauna selvatica infetta, specialmente nelle ore notturne quando molti animali selvatici sono più attivi. Un gatto che rientra a casa con ferite da morso o graffio dovrebbe sempre essere valutato attentamente da un veterinario, specialmente in zone dove la rabbia è ancora presente nella fauna selvatica.

Diagnosi, esami e prevenzione

La diagnosi di rabbia rappresenta una delle sfide più delicate in medicina veterinaria, non solo per le implicazioni sulla salute dell’animale, ma anche per le importanti conseguenze di sanità pubblica che ne derivano. La complessità diagnostica risiede nel fatto che i sintomi iniziali sono spesso aspecifici e potrebbero essere confusi con numerose altre patologie neurologiche o comportamentali.

Proprio per questo motivo, un ruolo fondamentale nella sorveglianza della malattia viene giocato dal proprietario, che conosce intimamente il comportamento abituale del proprio animale e può notare anche le più sottili variazioni e dalle vaccinazioni.

La cura per la rabbia

Sia per l’uomo che per gli animali non esiste una cura per la rabbia. L’unica regola per evitare di contrarre la malattia è la prevenzione.

Per l’uomo la prevenzione si basa sulla vaccinazione,  pre-esposizione e sul trattamento antirabbico post esposizione da iniziarsi al più presto dopo il presunto contagio, per esempio in caso di morso da parte di un animale sospetto. La vaccinazione per esposizione si applica a chi svolge attività professionali a rischio specifico (veterinari, guardie forestali, ecc).

Per gli animali domestici la prevenzione preventiva e in genere facoltativo, mentre assolutamente obbligatoria nei comuni a rischio di rabbia silvestre, cioè nei casi in cui la malattia è circolante nella popolazione animale selvatica (volpi). Richiedila sempre al tuo veterinario quando vaccini il tuo animale.

Istituzione autorità sanitarie sono impegnato su più fronti (sorveglianza, monitoraggio vaccinazioni obbligatorie per animali domestici e vaccinazione orale per gli animali selvatici)  per contenere il contagio e per prevenire la diffusione della rabbia nel resto del Paese

Come posso proteggere il mio animale dalla rabbia

La vaccinazione antirabbica  pre-contagio è il metodo più efficace per proteggere i nostri animali da compagnia. rivolgiti al tuo veterinario di fiducia e ricordati di far registrare la prima vaccinazione sul libretto sanitario del tuo pet. Considerà l’eventualità delle visite veterinaire a domicilio per vaccinare il cane dalla rabbia.

Ricorda che il tuo cane, affinché il vaccino contro la rabbia faccia effetto, devono essere passati almeno 21 giorni.

I consigli del veterinario

La vaccinazione è l’unica strata concretamente percorribile, quindi la prevenzione è una parte centrale del problema Rabbia, nonostante sia stata quasi completamente debellata nel nostro paese.

Quindi la vaccinazione (obbligatoria o volontaria a seconda del dato epidemiologico) degli animali domestici, sia cane e gatto, la lotta al randagismo e l’attuazione di provvedimenti coercitivi al fine di realizzare attorno all’uomo un anello di protezione costituito da animali domestici non recettivi e quindi incapaci di trasmettere l’infezione (prevenzione del ciclo urbano della malattia);

Quali precauzioni seguire per evitare l’esposizione al contagio

Basta seguire delle semplici regole di comportamento:

  • evitare qualsiasi contatto con animali sconosciuti anche se si mostrano socievoli.
  • conduci il tuo cane sempre al guinzaglio o utilizza per le altre specie l’apposito trasportino e impedisce tu animali ogni contatto con animali selvatici soprattutto volpi. in ogni caso segnala al tuo veterinario eventuali cambiamenti del comportamento abituale o atteggiamenti insoliti nel tuo cane un gatto.
  • non adottare animali selvatici come animali da compagnia. In generale questo è un consiglio che va bene in molti aspetti e fa il male dell’animale selvatico. Può essere difficile da capire, ma in un ragionamento a piu ampio spettro la domesticazione degli animali selvatici porta sempre delle pesantissime ripercussioni che devono essere sempre valutate.

Cosa fare se un animale mi aggredisce o mi morde

Se sei aggredito un morso da un animale selvatico o domestico in un territorio a forte rischio di rabbia segui queste regole:

  • lava subito la ferita per almeno 15 minuti con abbondante acqua e sapone
  • vai immediatamente al pronto soccorso per la medicazione. Sarà il medico a giudicare se sarà necessario somministrare il trattamento vaccino antirabbico post contagio.

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